Famiglia

Se l’orco cattivo è in casa

Le mura domestiche sono sempre più spesso teatro di violenze sui bambini. Per quelle sessuali e quelle fisiche i padri ancora sotto accusa. Ma la società non vede

di Cristina Corbetta

Casa amara casa: 86 volte su 100, la violenza sui bambini si svolge tra le mura domestiche. Lo rivela la prima ricerca nazionale sul tema, coordinata dalla psicologa dello sviluppo Paola Di Blasio, docente dell?Università Cattolica e presidente del Centro per il bambino maltrattato di Milano. L?indagine rivela che tocca ai padri il triste primato degli abusi sessuali e del maltrattamento fisico e psicologico, mentre la figura materna si rende spesso responsabile di trascuratezza. La ricerca ha preso in esame 1088 segnalazioni di violenze arrivate, nel corso del 1997, ai 12 centri che fanno parte del Coordinamento nazionale dei servizi di prevenzione e trattamento dell?abuso dei minori: una base statistica che parte dal capoluogo lombardo e arriva fino a Bari passando per Trieste, Brescia, Bergamo, Firenze, Torino, Marghera, Ferrara. Rispetto alle segnalazioni raccolte negli anni precedenti, in cui prevaleva il maltrattamento fisico, la nuova tendenza riguarda oggi quello che gli esperti definiscono ?multiplo?. Una tipologia di abuso che ricorre nel 18% dei casi ma che sembra quella più ?sommersa?: incrociando infatti i dati sul tipo di violenza e la sua durata risulta che il 40% dei bambini sottoposti a maltrattamenti plurimi li subiscono da oltre 4 anni, senza che nessuno abbia riconosciuto i segnali di un?esperienza drammatica. Il triste primato del maltrattamento spetta ancora all?abuso sessuale, che riguarda il 33% di tutte le segnalazioni. Nel 58% dei casi ne è responsabile il padre mentre 10 volte su 100 si tratta del convivente della madre. Seguono gli amici di famiglia o vicini di casa (9%), e gli estranei (8%). Nonni, fratelli e responsabili educativi riguardano invece il 15% delle segnalazioni. Papà sotto accusa anche per i casi di maltrattamento fisico (48%). Entrambi i genitori sono responsabili per il 25% dei casi, mentre la sola madre è colpevole 21 volte su cento. Gli studiosi milanesi confermano che l?abuso si consuma spesso fra le mura di casa e riguarda più le femmine che i maschi, le famiglie con uno o due figli più dei nuclei numerosi, genitori fra i 41 e 51 anni. La violenza, nel 36% della casistica, dura meno di un anno. In diciannove casi su 100 invece l?abuso dura fra 1 e 2 anni mentre i maltrattamenti più prolungati, 3-4 anni e oltre, riguardano il 18% dei casi. Viene smentito poi quello che sembrava una sorta di luogo comune: dai dati analizzati la violenza non è quasi mai frutto di una difficoltà familiare temporanea: sembra anzi legittimo pensare che i contesti più violenti siano il frutto di relazioni in origine ?sane? che progressivamente si sono deteriorate e aggravate. «Non siamo ancora in grado di capire cosa accade nella realtà italiana», spiega Paola Di Blasio, «né se i cambiamenti individuati siano coerenti con quelle segnalati da altri Paesi come gli Stati Uniti, dove un rapporto governativo indica un aumento complessivo del 18% dei casi». Manca infatti in Italia, sottolinenano i ricercatori, un registro di sorveglianza nazionale che consenta una raccolta di dati secondo criteri omogenei, come avviene ad esempio in Gran Bretagna. Per questo il lavoro dell?équipe milanese rappresenta uno dei primi tentativi di monitoraggio nazionale, pur con il limite di una scarsa rappresentatività della realtà regionale. L?idea è quella di potenziare i progetti nazionali realizzando un maggior collegamento fra i centri, che in tutto sono una quarantina. «Nato nel 1993, il Coordinamento è fortemente cresciuto», racconta Paola Di Blasio, «così come è cresciuta nel Paese la consapevolezza della gravità dei danni derivanti dal maltrattamento dell?infanzia». Oggi fanno parte del Coordinamento centri e servizi permanenti pubblici, di Comuni o di Aziende sanitarie locali, e numerose realtà del Terzo settore, cooperative sociali, associazioni di volontariato.


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